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  • By: gini
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di Adele Mapelli, Wise GRowth

Una riflessione tratta dal workshop “Stili di leadership e genere” tenuto da Adele Mapelli per le aziende del Progetto Talento.

Affrontare il tema degli stili di leadership al maschile e al femminile è molto rischioso perché quando si classifica un fenomeno, in questo caso uomini e donne,  si rischia di ingenerare lo sviluppo di stereotipi.

Parlare quindi di stile femminile e di stile maschile nella leadership non significa che tutti gli uomini siano in un certo modo e le donne in un altro secondo una prospettiva statica e rigida. E’ importante per contro un ascolto più sottile e completo che porti a riconoscere il valore delle differenze e ad accorgersi che se è vero che molto probabilmente (ma non necessariamente) le donne sono più vicine allo stile femminile e gli uomini a quello maschile, questa differenza costituisce un’opportunità per il valore che può creare per la collettività nel suo complesso.

Numerosi studi hanno cercato di approfondire il tema della relazione tra stile di leadership e genere: Alvesson e Billing (1997, 2000) asseriscono che è possibile classificare in due filoni distinti gli studi e le ricerche empiriche che hanno indagato il tema delle differenze e somiglianze tra i generi nell’esercizio della leadership.

La prima area denominata ‘no difference’ in cui sono inclusi gli studi che non hanno evidenziato differenze significative [1] o che hanno verificato il forte ruolo giocato dal contesto: l’atteggiamento delle donne può cambiare fortemente a seconda che ci si trovi in un’organizzazione in cui esse rappresentano la maggioranza dei membri, e hanno già accesso a un potere significativo, o che ci si trovi in un’organizzazione in cui la forza lavoro è prevalentemente maschile, il top management è maschile e le donne sono poco numerose: in questo caso le donne tenderebbero a mostrare uno stile di leadership affine a quelli degli uomini (Gardiner e Tiggemann , 1990 , Eagly & Johnson , 1990 , Ferrario & Davidson , 1991)[2].

Nella seconda area invece si collocano gli studi che hanno rilevato ‘gender stereotypic difference[3] e che rintracciano nello stile una maggior task orientation e in quello femminile, una relationship orientation. Il primo stile orientato al compito indica la tendenza a focalizzarsi maggiormente sulla performance, sul raggiungimento degli obiettivi, sul rispetto degli standard e delle regole, ecc.; il secondo stile invece orientato alle relazioni indica la tendenza a focalizzare l’attenzione sulla creazione di un clima di fiducia reciproca e sull’armonia nelle interazioni di gruppo. Emergerebbe dunque, secondo questo filoni di studi, una propensione delle donne verso una gestione del potere in un’ottica inclusiva con evidenti richiami al team, alla condivisione del potere con i collaboratori, alla connessione ed alla interdipendenza. E questo spiegherebbe perché le relazioni interpersonali vengano vissute in modo diverso dalle donne e dagli uomini: il valore della relazione è un elemento fondante della donna, del suo benessere: spesso, però, la donna fa fatica a percepire il senso del sé se non in ‘relazione a’, si sente inadeguata se non tesse o mantiene legami tant’ è che per molte donne la rottura di una relazione costituisce la perdita di una parte di sé.

Ma la convinzione che il valore di una donna dipenda dai legami che stabilisce, ancorché questo sia un ingrediente assolutamente essenziale per qualsiasi essere vivente, può diventare ‘vuota’ e ‘paralizzante’ se non sostenuta da un sé vero e ben radicato.

Lavorare sulla leadership al femminile significa dunque prendere contatto con la propria potenza, con quell’energia interna senza la quale difficilmente gli altri potranno riconoscere in noi un leader. La leadership autentica nasce necessariamente da un lavoro interiore che deve portare ad acquisire o recuperare la fiducia in se stesse, nella consapevolezza e accettazione di sé uniche basi per creare risonanza e sintonia all’interno di legami autentici e costruttivi.

Non solo: al leader nelle organizzazioni moderne è anche richiesta la capacità di rendersi visibile attraverso la costruzione di un network di alleanze e di relazioni interne ed esterne alla propria organizzazione a sostegno della propria vision e del proprio progetto manageriale e di attivarsi in una comunicazione pubblica in modo efficace e persuasivo.

Uno degli aspetti indicato dagli studi come poco esplorato dal femminile è la capacità di promuovere la propria competenza e il proprio fare: le donne difficilmente portano alla luce se stesse uscendo dall’ombra e dal sentimento prevalente che gli altri riconosceranno prima o poi il loro lavoro. Non si tratta di esibizione sterile di simboli di potere e di status, ma di una presa in carico del ruolo sociale che il potere necessariamente comporta.

 



[1] Powell, 1990.

[2] Questi risultati sostengono le conclusioni cui era giunta Moss Kanter alla fine degli anni’70.

[3] Alimo – Metcalfe , 2010; Calas & Smircich , 1991; Eagly &Carli , 2007; Ely & Padavic 2007; Fisher , 1999; Jonsen ,Maznevski , e Schneider , 2010.